I giovani e la lettura

Il professore di Storia e Filosofia entra in classe un lunedì mattina, solito orario. Con sommo rammarico degli studenti dell’ultimo anno, è il giorno dell’interrogazione. Tre capitoli da studiare, poco tempo – e voglia – per farlo adeguatamente, soprattutto nel week-end. Non ci sono volontari stavolta, e qualcuno cerca di nascondersi dietro ai compagni per non farsi notare.

La prima domanda giunge inaspettata per Loredana: “Qual è la differenza sostanziale tra l’etica formale kantiana – col suo imperativo categorico – e l’etica contenutistica di Hegel – col ruolo che conferisce alla società e allo Stato?” Se possibile il silenzio si intensifica, facendosi quasi palpabile. Gli alunni si scambiano occhiate stranite. Loredana non conosce la risposta. “Qualcuno vuole intervenire?” chiede l’insegnante rivolgendosi alla classe. Nessuno si azzarda ad alzare la mano. E “Nessuno” non è un nome proprio, in questo caso. Il professore ritenta: “Sai spiegarmi le dinamiche politiche del Continente di Westeros, e come si è arrivati all’attuale instabilità politica della monarchia?” Loredana emette un sospiro di sollievo. Conosce la risposta perfettamente, avrebbe potuto parlare anche di Essos e Sothoryos, i territori al di là del mare, tant’era preparata. L’universo fantastico, con ambientazione medievaleggiante, creato da George R.R. Martin – spietato autore americano che non disdegna uccidere anche i characters a cui il pubblico è più affezionato – era uno dei suoi preferiti, popolato da personaggi vividi e un world building così solido e particolareggiato da sembrare parte di una storia passata diventata leggenda.

Riuscite a immaginare uno scenario scolastico simile, nel quale accanto alle discipline tradizionali viene incoraggiata la lettura tra gli studenti senza imporla come obbligo didattico? La scuola insegna ai bambini l’attività del leggere, la “meccanica”, se così possiamo chiamarla, ma l’amore per la lettura è qualcosa che non può essere imposto. Il piacere della lettura si manifesta quando un soggetto inconsapevole incontra il libro giusto, quello che squarcia il velo di noia che si era depositato sopra la carta stampata. Il verbo leggere non sopporta l’imperativo, scrive Pennac, e come dargli torto? Viceversa, pensate a una società nella quale il libro è diventato merce proibita, illegale. Quanti giovani allora sentirebbero il bisogno, quasi fisiologico, di leggere un libro, senza bisogno di incoraggiamento alcuno: sfogliarlo, guardarlo, annusarlo, stringerlo tra le mani con la consapevolezza di stare trasgredendo alle regole! Quale soddisfazione trarrebbero dalla lettura. Potrebbe persino esistere una Amsterdam della lettura, un nuovo paradiso terrestre dedicato ai feticisti dei libri, a chi li colleziona, a chi li annota, a chi li scrive, a chi li idolatra, a chi li consuma.

Parlavamo di obbligo. È proprio il dovere che sradica il piacere della lettura dal bambino, quello stesso bambino genuinamente entusiasta delle storie che i genitori, improvvisatisi narratori, gli regalavano prima di andare a dormire. “Così scoprì la virtù paradossale della lettura, che è quella di astrarci dal mondo per trovargli un senso”. Il bambino rimane meravigliato da quel gioco alchemico di lettere e suoni dalla cui unione scaturisce la parola: una sequenza di segni che, codificata, racchiude la realtà del mondo, ma anche quella dei sentimenti associati ad essa. “Ha scoperto la pietra filosofale”. Subito il bimbo vuole impadronirsi di questo strumento magico, destreggiarsi fra lettere e sillabe, righe e paragrafi, diventare il padrone del linguaggio che permette la relazione con l’alterità e la creazione di nuovi mondi.

Cosa è successo al desiderio di imparare del bambino? Che ne ha fatto l’adulto di tale preziosa materia? Semplicemente, l’ha lasciata appassire: niente più fiabe e storie prima di addormentarsi. Viene meno così l’intento pedagogico migliore, quello disinteressato e inconscio, frutto di un gesto di altruismo e gratuità: regalare una storia al proprio figlio per il piacere di vederlo felice. Alle figure genitoriali subentra così l’istruzione pubblica, che accresce però la distanza tra la persona e il libro, un abisso sempre più incolmabile perché l’immagine che riflette del libro è univoca: manuale scolastico per lo studio. Il libro non è più la ricompensa alla fine di una giornata, ma un peso, un “compito” da svolgere di malavoglia. E così per tutta l’adolescenza, fino alle soglie dell’età adulta.

Gli studenti delle superiori – denuncia un articolo del Corriere – hanno progressivamente disimparato a leggere, scrivere, ascoltare, il vocabolario è carente, costituito da un lessico povero e da strutture grammaticali semplici, elementari. Noam Chomsky, linguista di fama internazionale, sostiene che il linguaggio cresca nel bambino, non è il risultato dell’apprendimento attivo, anche se ci sono aspetti marginali del linguaggio che devono essere insegnati e imparati. La crescita presuppone nutrimento, ed è proprio quello che manca agli studenti di oggi. Il linguaggio non viene esercitato adeguatamente, manca il sostentamento minimo che ne permetta lo sviluppo e al suo posto viene sostituito il lessico frammentato degli sms, delle chat e dei social network: “un’abbondanza di testi non argomentativi, sconnessi gli uni dagli altri per cui la scrittura diventa espressione di un pensiero simultaneo, non una pratica controllata.” Vengono a mancare, quindi, i presupposti fondamentali della lettura e della scrittura: il silenzio e la riflessione, l’isolamento produttivo.

Come si evince dall’articolo della Taglietti, il dibattito sul complesso rapporto tra giovani e lettura si tinge sempre di retorica fine a sé stessa, soprattutto da parte di chi è poco interessato all’argomento, ma deve comunque scriverci un pezzo per far felice il caporedattore di turno. Già dal titolo (scorretto), Spegnete sms e tablet. I ragazzi non sanno leggere, si evince questa mancanza di interesse e di competenza per l’argomento, come il giornalista di Repubblica che – parlando della strage di Aurora, Colorado – scrive che Neil Gaiman è il papà di Batman, senza tralasciare un’implicita colpa da affidare proprio all’autore inglese per “la follia di un fuoricorso di neuroscienze che ha macchiato di sangue perfino il sogno dei supereroi”. La scontata ed erronea opposizione tra tecnologia e lettura è ormai preistoria (ma non i giornalisti che si improvvisano esperti), nonostante sia più semplice improntare un’analisi superficiale sul contrasto piuttosto che sulla coesistenza di supporti e attitudini differenti.

Lo scarso interesse per la lettura non è da imputare alla tecnologia, al cinema e alla televisione – che potremmo considerare adiáphora –, ma al ridimensionamento delle priorità delle persone: sì bisognerebbe leggere, ma ci sono cose più importanti; sì bisognerebbe sostenere la cultura, ma ci sono cose più importanti, come la crisi economica; sì bisognerebbe leggere, ma ci sono cose più importanti, come lo studio. Tutti concordano sulla necessità di leggere come se fosse un dogma, quasi nessuno cerca invece di fungere da esempio silenzioso. La lettura è un comportamento acquisito fortemente condizionato dal contesto di appartenenza; la presenza in famiglia di genitori lettori è il primo fattore di promozione della lettura, che favorisce in modo determinante la propensione alla lettura dei bambini e dei giovani. Tra i ragazzi di 6-14 anni legge il 77,4% di chi ha madre e padre lettori e solo il 39,7% di coloro che hanno entrambi i genitori non lettori.

La lettura è un piacere abitudinario: un lettore “forte” non legge un libro al mese, forse nemmeno uno a settimana: molti di più. Vive circondato da libri, ne è quasi sommerso, e ne è assolutamente e totalmente felice. Il Lettore ogni giorno dedica qualche minuto o qualche ora alla lettura, qualcosa a cui è assuefatto, che fa parte della routine quotidiana. È come una sigaretta: più fumi, più vuoi fumare, più pacchetti di sigarette compri alla settimana. Più leggi, più ti accorgi della tua ignoranza, e più vuoi leggere. Che sia per intrattenersi, informarsi etc. È un circolo vizioso.

Cosa manca, quindi? L’abitudine, appunto. Quanti genitori vorrebbero che il figlio leggesse di più, senza però aver mai preso in mano un romanzo? In quante trasmissioni televisive si parla di letteratura e cultura in modo serio? In quanti programmi vengono consigliati libri che non siano l’insulso bestseller del momento? Quanti si impegnano davvero nella promozione della lettura? Quanti docenti di lettere impongono come letture per le vacanze solo classici che, nel 99% dei casi, non verranno letti o, nel caso in cui lo fossero, apprezzati? La cultura e la lettura dovrebbero ritornare a essere una priorità per tutti, non solo per i giovani. Perché è proprio il contesto nel quale un bambino si forma e cresce che influisce sul suo comportamento, sulle sue abitudini e attitudini.

È la lettura che stimola il pensiero e la riflessione profonda. Leggere ci rende liberi, perché capaci di scandagliare il reale, problematizzare le situazioni, oltre a rappresentare un gradito passatempo. Ci rende liberi perché impediamo agli altri di strumentalizzarci attraverso parole sulle quali non abbiamo potere – non conoscendole – e l’ignoranza che ci caratterizza. Deve forse stupire che siano stati proprio i libri a essere messi al rogo durante regimi totalitari e dittatoriali, o messi all’indice da una Chiesa sovrana del popolo, che impediva anche la libera interpretazione delle Sacre Scritture?

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23 thoughts on “I giovani e la lettura

  1. Athenae Noctua ha detto:

    Come si può non essere d’accordo con te? La lettura è davvero uno stimolo forte all’esercizio del linguaggio e del pensiero. Quando chiedo ai ragazzi che seguo nel recupero dell’Italiano scritto (ma anche della Storia, che, per una corretta comprensione delle dinamiche studiate richiede buone capacità di interpretazione del testo) se abbiano l’abitudine alla lettura, la risposta è sempre “No”. Non è certo un caso…

    • ironlizzie ha detto:

      Un vero peccato constatare sempre questo sempre più diffuso disinteresse. Credo che all’Italia farebbe bene una buona iniezione di lettura soprattutto per i giovani, che dovranno costruire il domani. Ci sono insegnanti che cercano di farlo, ma sono una minoranza. Anche da parte della scuola ci dovrebbe essere un incentivo al cambiamento che pare latitare.

      • Athenae Noctua ha detto:

        Ne parlavo alcuni giorni fa nel mio blog, non specificamente riferendomi alla lettura, ma ai programmi scolastici in generale. A volte basta invitare i ragazzi all’incontro con gli autori, cercare di presentarli, non di imporli, lasciarli scegliere fra titoli di epoche diverse. Qualcuno che non si lascerà mai incantare dalla fantasia, dai libri e dalle parole ci sarà sempre, ma penso che si possano ottenere molti risultati con un po’di impegno. Purtroppo, tutto quanto richiede tempo, nella scuola (quando mancano insegnanti volenterosi) e nel nostro Paese, è ritenuto superfluo, non meritevole di attenzione.

        • ironlizzie ha detto:

          Mi metti il link all’articolo? Lo leggo con piacere!

          Sui programmi ci sarebbe davvero molto, molto da dire. Come per esempio l’assenza, penso almeno all’Ottocento e Novecento, di autrici da studiare.

          Hai proprio ragione. Si dovrebbero incoraggiare anche le presentazioni di romanzi non propriamente letterari, narrativa fantastica, coinvolgente, che almeno li faccia avere il proprio approccio alla lettura. Ho conosciuto solo una professoressa, non mia all’epoca, che leggeva in classe estratti da Harry Potter. Un mito.

          • Athenae Noctua ha detto:

            Volentieri, il link è questo: http://athenaenoctua2013.blogspot.it/2013/07/sullobsolescenza-dei-programmi.html

            In effetti, se potessi scegliere quali contenuti letterari proporre ai miei studenti, pur senza trascurare la cronologia, punterei sui generi, sulla crescita di alcuni temi: che cos’è “Il Signore degli anelli” se non l’evoluzione naturale di un ciclo letterario iniziato con Omero e passato attraverso Ariosto? O, ancora, perché non avvicinare i ragazzi ai classici e alla storia aiutandoli ad apprezzare pagine scelte di autori che degli avvenimenti hanno parlato in forma di romanzo e poesia anziché far loro imparare a memoria il manuale? Io, per esempio, ho imparato più su Napoleone leggendo “Guerra e Pace” o “Le confessioni d’un Italiano” (letture mai imposte, ma suggerite e non solo dagli insegnanti) che sui banchi di scuola…

            • ironlizzie ha detto:

              Argh! Mi aveva messo il commento nello spam. Cattivo WP. Leggo con piacere il post 😉

              Per quanto riguarda i programmi, sarebbe interessante proporne uno alternativo, solamente a titolo teorico chiaramente, e vedere le reazioni del pubblico alla cosa.

            • ironlizzie ha detto:

              Ho letto l’articolo, davvero molto bello. E condivido praticamente in toto. I programmi di certo non sviluppano le capacità di riflessione e di comunicazione degli studenti, e nemmeno il metodo di insegnamento che prevede solo lezioni frontali da parte dell’insegnante senza quasi tener conto dell’intervento degli allievi. Ho avuto una compagna di classe, al liceo, che mi disse candidamente: Io non penso, non ho pensieri miei. Per scrivere un tema ho bisogno di rielaborare ciò che hanno scritto gli altri. Il che mi ha atterrita.

    • athenabruna ha detto:

      Apprezzo molto, da neolaureata in filosofia, l’idea della pop-filosofia: avvicina di più questa disciplina attraverso tutto quello che si può approcciare nella quotidianità. Credo che la lettura non può essere imposta, non lo sopporto nemmeno io stessa, benché sia una mangiatrice onnivora e piuttosto affamata di libri. Saper cogliere le connessioni tra quello che si propone tra i banchi di scuola e quello che appartiene alla dimensione del quotidiano è importantissimo, è lo stimolo adatto. Il problema è che bisogna anche trovare qualcuno che sia preparato e disposto a farlo; purtroppo le scuole, oggi, sono frequentate da soggetti alquanto turbolenti e riuscire a tenerli impegnati, attirando la loro attenzione grazie a ciò che è vicino al loro mondo, rende più soddisfacente anche il lavoro per l’insegnate. La soddisfazione è essenziale: per chi impara e per chi insegna. Posso dirlo poiché sono anni che seguo volontariamente delle dolcissime ragazze con gravi problemi di apprendimento.

      • ironlizzie ha detto:

        athenabruna: OT è da un paio di settimane che punto un saggio sulla fiction fantastica. Tra l’altro è di una redattrice di un blog letterario. E’ Vampiri, maghi e supereroi. Questo il booktrailer: http://youtu.be/uOl5Gwk8X2k Spero di averlo tra le mie manine perché sembra troppo interessante! Non so se anche tu hai seguito queste serie tv paranormali. Fine OT.

        Esatto, l’imposizione farebbe deperire qualsiasi desiderio. Bisognerebbe pensare a qualche attività alternativa per integrare i programmi già esistenti, anche fuori dall’ambito scolastico. E’ anche vero che la velocità su cui viaggiano le nuove generazioni è ben poco compatibile, invece, con il silenzio, il tempo sospeso della lettura.

  2. loregasp ha detto:

    Uno scenario come quello immaginato, in cui alla domanda su Kant ed Hegel, segue un’altra su un argomento “più vicino” al lettore, è bellissimo, meraviglioso, ed…utopico. Tuttavia, quanto sarebbe arricchente e stimolante un’interrogazione del genere? E non perché si viene interrogati su Il trono di spade, ma perché anche in romanzi apparentemente leggeri come questo (se paragonati a Kant, sia chiaro), ci sono echi e riflessi dei comportamenti umani. Ne Il trono di spade, gli uomini combattono, si scontrano per gli stessi motivi che li portarono, nel concreto, a seguire Giulio Cesare nelle sue campagne di conquista, o a tessere intrighi per spodestare case regnanti, governatori, per prendere possesso di una società particolarmente fiorente e produttiva. Non sorgerebbe l’istinto a saperne di più, dopo un parallelo del genere? Sono sicura che molti sarebbero spinti alla lettura ulteriore, per approfondire, capire, conoscere di più, immagazzinare nozioni da usare. Anche quelli che detestano leggere (e come si fa, mi domando?) si sentirebbero pungolati a cercare, ad approfondire.
    La scarsa lettura porta anche alla scarsità di scrittura, e alla scarsità di capacità di argomentazione. Ogni tanto mi capita di leggere discussioni nei blog a proposito di libri, film, personaggi. L’unica argomentazione ripetuta, senza appello é: “questo libro/film è bellissimo, meraviglioso, e voi non capite niente!!!!!” . Ok, potrebbe anche essere, ma perché non spiegare anche i motivi di quel giudizio, e portare argomenti a sostegno? Forse si è persa l’abitudine della discussione come scambio, che può anche essere acceso, ma che dovrebbe apportare qualcosa, far conoscere, a prescindere dall’esito, vinco-io-vinci-tu. Sono andata un po’ fuori tema, forse, ma riflettendo sulla scarsità dell’uso della lingua, resa quasi stilizzata dal frequente uso di sms e messaggi istantanei da social network, mi sono accorta che questa stilizzazione si riflette anche nella capacità di ragionare che sta dietro il linguaggio.
    Io ho subito l’attrazione dei libri ben prima di sapere che esisteva un’azione che si chiama leggere: guardavo le figure, seguivo quelle righe nere di parole non sapendo minimamente cosa fossero, e mi domandavo quale mistero si celasse lì sotto. Guardavo mio padre silenziosamente chino sul suo giornale, per ore, e mi sembrava che stesse celebrando un rito, cui io non potevo partecipare. Non sapevo che era solo una questione di tempo e di iscrizione alla scuola elementare. 🙂
    Approvo particolarmente il punto in cui dici che è necessario dare l’esempio silenzioso. Invece di perder tempo ed energie a predicare la bellezza della lettura, magari imponendola dall’alto e basta, è più efficace mostrarne concretamente gli effetti, raccontando il contenuto, facendo vedere quanto si guadagna, in termini umani, a restare fermi per ore a seguire silenziosamente le righe scritte di un libro.
    Ehm. Mi sono dilungata UN PO’. Prometto che i miei prossimi interventi saranno più concisi, e che non mi farò più travolgere così tanto dall’argomento, che mi è particolarmente caro! 🙂

    • ironlizzie ha detto:

      Lo scenario è chiaramente provocatorio, non può essere realizzato e in un certo senso non è nemmeno possibile, dato che la scuola non deve essere luogo di svago ma di impegno. Solo che l’incentivo, il passetto, la strizzata d’occhio a delle letture diverse non guasterebbe. Tra l’altro se gli studenti cominciassero a leggere anche altro, ne risentirebbe in positivo anche una materia come italiano, per la qualità dell’argomentazione, ma anche le altre materie umanistiche per la proprietà di linguaggio acquisita.

      Sul Trono di Spade hanno scritto un saggio di filosofia, come su tantissimi altri libri come Harry Potter e Tolkien, ma anche scritti di pop filosofia sulle serie tv che sono davvero interessanti. Insomma volendo una tantum, una lezione potrebbe essere dedicata anche a questi argomenti estranei.

      • loregasp ha detto:

        Vero. Si sono lanciati fiumi d’inchiostro per Tolkien e Harry Potter, e anche per una serie televisiva come Buffy, The Vampire Slayer, di cui si sono creati anche corsi di studio universitari. E’ la prova che i temi umani possono anche coprirsi di vesti leggere come un libro fantasy o una serie televisiva, ma sono importanti e sentiti molto forte da chi ha voglia di ascoltarli.

    • ironlizzie ha detto:

      “Capacità di ragionare che sta dietro il linguaggio”. Esatto. Si tende sempre di più a leggere, senza soffermarsi a ragionare, e tutto fluisce via senza che nulla sia rimasto a sedimentarsi. Chiaramente non tutti i romanzi possono permettersi un certo tipo di riflessione, però molti, anche tra gli YA e NA, avrebbero contenuti interessanti da analizzare, anche impliciti o improntati all’idea che aveva lo scrittore quando s’è messo al pc.

      • loregasp ha detto:

        Infatti. E’ da giovani che i pensieri e i sentimenti erompono più veloci, e tanto spesso vanno a profondità sorprendenti. Rimbaud non morì di vecchiaia nel proprio letto, e fu proprio negli anni giovani che si espresse così potente. E la stessa Jane Austen iniziò giovanissima a scrivere, e prima di andarsene a 42 anni, aveva già lasciato gioielli letterari, che sarebbero poi diventato oggetto di studi, devozione e anche critica.

    • kla ha detto:

      credo però che anche i genitori dovrebbero collaborare oggi sono molto presi da loro stessi e dal far diventare i figli “famosi”. ho scritto un post in proposito.

      • ironlizzie ha detto:

        Credo anche io. Infatti si nota che il 77% dei bambini con entrambi i genitori lettori hanno una forte predisposizione alla lettura, che cala drasticamente quando il genitore lettore è uno, o addirittura nessuno dei due. Io per esempio sono cresciuta con dei genitori non lettori (mia mamma ha smesso) e ho conosciuto il piacere della lettura assolutamente per caso in prima superiore. Non avessi trovato i libri giusti non sarei qui 😉

        • kla ha detto:

          anche i miei non leggevano, ma c’era la maestra a spronare tutti in classe!
          mia mamma vedendo leggere me alla fine ha deciso di coltivare questa passione anche lei!

          • ironlizzie ha detto:

            Io tento sempre di riconvertire mia mamma, ma ha troppo da fare tra casa e lavoro, e chiaramente alla sera è stanca. Poi ha anche problemi di vista come mio papà. Quando si parla di lettura si dovrebbe tener conto anche di questo, secondo me, ovvero le condizioni familiari e lavorative dei lettori, e l’età. Sarebbe interessante come analisi, secondo me.

  3. kla ha detto:

    credo di essere stata una mosca bianca perché alle scuole elementari e medie la nostra insegnante oltre a farci studiare i testi comuni, ci ha anche parlato di Harry Potter e ci ha sempre spronato a leggere e poi a spiegare in classe con dovute riflessioni correlate all’età ciò che avevamo letto. Alle scuole superiori la prof. di filosofia era innamorata di Popper e perciò abbiamo a lungo parlato delle favole. Cercando di attualizzare i contenuti. questo è solo per dirvi che c’è ancora speranza e se c’è volontà le cose potranno cambiare.

    • ironlizzie ha detto:

      Che bellezza dev’essere stato! Io non ho avuto questa fortuna né alle elementari, né alle medie e né alle superiori. Un po’ sfigatella sono stata.
      Però credo che sia una cosa bellissima trovare degli insegnanti che riversano le proprie passioni sugli alunni, che penso possano essere piacevolmente coinvolti se vedono che l’insegnante crede davvero nelle attività che propone e ci tiene.

  4. kla ha detto:

    siii perché alla fine molti di noi hanno continuato a coltivare questa passione nel tempo. Una compagna ha deciso di fare la scrittrice ha già pubblicato due racconti per un’antologia, un altro ha pubblicato un quotidiano on line di informazione locale, io ho un blog letterario insomma credo abbiano fatto un buon lavoro.

    • ironlizzie ha detto:

      Peccato che ci siano pochi insegnanti così. Io conosco una professoressa di Italiano che insegna al serale e che ha fatto lezioni anche sulla serialità. Bellissimo.

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